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SOS Covid-19
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Le mura che ci costruiamo attorno tengono fuori la tristezza, ma tengono fuori anche la gioia. (J. Rohn)

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Per esempio in alcuni casi l’effetto collaterale più evidente conseguente al lockdown per molti, anche tra coloro che non avevano mai sofferto prima di disturbi psicologici particolari, è stata la cosiddetta sindrome della capanna o del prigioniero, ossia la paura di uscire e lasciare la propria casa, il luogo che per mesi ci ha fatto sentire al sicuro, al riparo da qualsiasi pericoloso agente esterno e che diventa un rifugio dal mondo, anche quando il rischio concreto risulta notevolmente diminuito. In alcuni casi ciò che spaventa però, non è tanto la paura di ammalarsi, quanto il terrore di non ritrovare più il mondo che si conosceva prima, o di ritrovarlo ma non sentirsi più in grado di fronteggiarlo e di strutturare il proprio tempo all’interno di esso. Questo alimenta un senso di inadeguatezza, che cresce quando ci si paragona al resto delle persone che, nelle fantasie del soggetto in difficoltà, appaiono molto efficienti, attive e padrone della propria vita;

L’alterazione della fase di riposo, influenza l’intero ritmo circadiano (sonno-veglia); talvolta l’insonnia è quindi accompagnata da addormentamenti indesiderati che avvengono durante la giornata, inficiando le normali attività quotidiane, che vengono svolte con fatica e spossatezza. L’insonne, qualche volta, fa fatica ad individuare la causa del suo malessere, ma si percepisce teso, angosciato, irritabile, distratto. Tutto questo può creare difficoltà in ogni ambito: lavorativo, affettivo e sociale.
Oltre a un percorso di regolazione degli stati d’animo e di risoluzione dello stato ansioso, l’ipnosi è una tecnica spesso utilizzata come intervento naturale (non farmacologico e riconducibile a una spontanea modificazione dello stato di coscienza) nel trattamento dell’insonnia.

il risultato è un circolo vizioso che spinge a restare chiusi in casa per evitare il confronto, sentendo sempre più crescente lo scarto fra le proprie abilità nel fronteggiare il problema e quelle che si immagina abbiano “gli altri”. In questi casi, risulta particolarmente utile e necessario un percorso di sviluppo orientato alla gestione del cambiamento, in modo da poter ristabilire l’equilibro tra la propria “comfort zone”, ovvero il nostro spazio mentale di sicurezza, routine e familiarità, e lo stare fuori, all’esterno, che è il luogo dove è possibile evolversi e crescere. Se queste emozioni, anche se difficili da elaborare e gestire, vengano affrontate precocemente è possibile fare il punto di se stessi e ripartire nuovamente.